ABSTRACT DEL KEBOOK
PREFAZIONE Si scrive per se stessi ma è anche vero che si scrive per gli altri. Chi sono gli altri? Sono le mie proiezioni, sono parti di me: la mia superficie, ma anche il mio tentativo di imparare a nuotare in nuove acque La poesia infatti anche se per un solo breve istante, è uno strumento di altissimo potere ed altamente seduttiva: essa è una rappresentazione estetica e ci fa ritornare finalmente bambino, perché si vuole scoprire che cosa nasconde il giocattolo. La poesia, come la curiosità e l’intelligenza magica dei bambini, vede lontano, vede dove gli altri non vedono. Essa ci offre il mondo e noi ci offriamo al mondo. Il mondo che ci è stato dato è un intero spezzettato che le parole ricompongono. Pertanto pezzi di mondo, pezzi di anima e pezzi di parole pensate o appena accennate si fondono e si frantumano in un dinamismo di riconoscimento/avvicinamento e di annullamento/allontanamento. La poesia allora esprime una forma nascosta che scandalizza; l’animo del poeta viene sotto i riflettori, egli è nudo allo sguardo indagatore altrui, perché essa ha il coraggio di dire ciò che non si vuole/può dire. La coscienza annebbiata dal dolore, dalla sofferenza, dal male di cui la sentina dell’anima è colma si fa chiara. La poesia è sempre la/una fuga da qualcosa, ma fuggire da qualcosa è avvicinarsi ad altro e poiché la logica del cammino, del peregrinare, avviene secondo un “eterno ritorno” il camminare dell’uomo è più che altro un andare per cerchio: dirigersi verso se stessi. Fuggire da significa andare verso il/un luogo, la “cosa”, la persona da cui ci si era allontanati. Dott.ssa Rosanna Mansueto Psicologa-Psicoterapeuta