ABSTRACT DEL KEBOOK
Gli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia, dopo la Seconda guerra mondiale, abbandonano le loro case e i loro beni con l’opzione per l’Italia dal 1947. Si riversano nel resto del paese. Come possiamo definirli? Sono fuggiaschi? È un disperato esodo, o un comune trasloco? Il dibattito su tale punto è molto acceso. Certi storici sostengono di aver trovato questo e quello. C’è chi vien via da Zara dopo il 2 novembre 1943, data del primo bombardamento angloamericano su suggerimento titino. C’è chi parte nel 1944, nel 1945, chi dopo la guerra. C’è chi aspetta i documenti avendo optato per l’Italia e aspetta mesi o anni, perché la burocrazia jugoslava concede i passaporti col contagocce, oppure li concede a tutto un nucleo familiare tranne un genitore. Scaduto il diritto d’opzione, c’è chi fugge di notte in barca, o per i sentieri del Carso, mentre i titini gli sparano dietro. C’è ancora chi scappa verso la metà degli anni ’60 per sfuggire alle grinfie dell’OZNA, il servizio segreto di Tito. Sono “Quei partidi” e “Quei restadi”. Nel memoriale che si pubblica qui di seguito, Aldo Tardivelli è autore di una critica a certa letteratura di fine Novecento, che utilizzava vocaboli piuttosto sprezzanti nei confronti degli esuli giuliano dalmati, rei di aver abbandonato il “paradiso socialista di Tito”. (a cura di Elio Varutti)